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Garda oltre l’orizzonte

Garda Doc

Ogni volta che nasce una nuova Denominazione di Origine Controllata ci si chiede se sia la risposta a una necessità reale, una mera operazione di marketing o l’ennesimo inghippo burocratico. In questo caso, e stiamo parlando della Garda Doc, la prima ipotesi è quella più giusta. Non fosse altro per la dinamicità del suo affrontare un futuro, e un mercato, che oggi più che mai ha bisogno di rassicurazioni e novità. Bisogni che, in un domani ormai prossimo porteranno il nome di Garda Doc Crémant e Garda Doc Low Alcol (prima denominazione a produrne), mentre nel presente già soddisfa quel senso di protezione che solo una fascetta di garanzia sul collo delle bottiglia può dare a un cliente. Perché la denominazione, una delle più giovani d’Italia, è nata nel millenovecentonovantasei, è stata riconosciuta dal Ministero dell’Agricoltura nel duemilaquindici ed è diventata operativa l’anno successivo. Occupa oltre trentamila ettari sparsi nelle tre province, Verona, Brescia e Mantova, di due regioni, Lombardia e Veneto, per un totale di circa duecentocinquanta cantine produttrici coinvolte. Numero significativo per un altrettanto importante numero di vitigni che hanno Garganega, Pinot grigio e Trebbiano di Lugana primi tra i bianchi, e Corvina, Merlot e Cabernet più diffusi tra i rossi. Se a questo aggiungiamo il poter gustare a metro zero una bottiglia che in etichetta porta il nome di un paesaggio che ogni anno accoglia circa venticinquemilioni di turisti ecco che la sua utilità l’abbiamo trovata, e accontenta tutti.

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